Il Tetto

Progetti e attività

Letteratura: parole per capire.

Vorremmo condividere con voi un brano di Fabio Gedada “Nel mare ci sono i coccodrilli”.

Siamo partiti da Kandahar che era mattina (…) sul camion con dietro i pali della luce, e siamo arrivati a Quetta dopo essere transitati per Peshawar. Ma noi, mamma e io, non siamo mai scesi. A Quatta siamo andati a cercare un posto per dormire, uno di quei posti che chiamiamo samavat oppure mosafir khama, la casa degli ospiti, con delle grandi camerate dove i viaggiatori che passano da lì per andare in Iran si riposano e cercano le guide per ripartire. Non siamo mai usciti, per tre giorni. Mamma parlava con la gente per tentare di organizzare il suo viaggio di ritorno, anche se io non lo sapevo. Non è stato difficile. Tornare in Afghanistan era molto più facile che non uscirne.

Intanto io stavo lì e gironzolavo per quel posto sconosciuto. Poi, una sera, prima di dormire lei mi ha preso la testa e me l’ha stretta forte, mi ho detto tre cose che non dovevo fare, ha detto che avrei dovuto desiderare qualcosa, con tutto me stesso. La mattina dopo non era più sul materasso con me e quando sono andato a chiedere a kaka Rahim, il padrone del samavat Qgazi, se sapeva dove fosse, quello mi ha detto che sì, era tornata a casa da mio fratello e mia sorella.

Allora mi sono seduto in un angolo, tra due sedie, ma non sopra le sedie, per terra, sui talloni, e ho pensato che dovevo pensare e che pensare di dover pensare, come diceva sempre il mio maestro, è già una grande cosa. Ma non c’erano pensieri dentro la mia testa, solo la luce che seppelliva tutto e non mi faceva vedere niente, come quando guardi il sole.

Quando la luce si è spenta, si sono accesi i lampioni delle strade.